Violenza sessuale: una particolare ipotesi di configurazione del reato

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

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L’articolo 609 bis del Codice Penale punisce chi, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali. Così recita il primo comma della norma citata, integrante il reato di violenza sessuale.

Ma cosa si intende nel concreto per “violenza”? Nei tribunali se ne discute giornalmente ed ogni caso è ovviamente a sè ed un tema fondamentale intorno a cui ruota la configurabilità o meno del reato è il concetto di consenso. Si è a tal propostito espressa di recente la Suprema Corte, affermando che un rapporto iniziato consensualmente, ma proseguito con modalità diverse da quelle volute, o addirittura venuto meno il consenso inziale di una parte, comporta l’integrazione del reato di cui all’art. 609 bisc.p. (Cass. Pen. Sez. III n. 9221 del 07.03.2016). Infatti, perchè il rapporto possa dirsi consensuale, è necessario che la volontà dei partecipanti sia piena e completa nella globalità del rapporto e ciò a livello qualitativo e temporale.

Accade infatti di frequente che un iniziale consenso si trasformi in dissenso nel corso del rapporto e ciò per le più svariate ragioni, che fondano uno degli elementi del reato in discussione, intergando la fattispecie di violenza sessuale, posto che la libertà sessuale va tutelata quale libertà di espressione e di autodeterminazione afferente alla sfera esistenziale della persona e tale libertà è e deve essere inviolabile.

La Suprema Corte parla di “collaborazione” reciproca tra i soggetti coinvolti nel rapporto sessuale, collaborazione che, sempre a detta della Corte di Cassazione, deve permanere senza soluzione di continuità per l’intera durata del rapporto; ove così non fosse, fermo restando la presenza degli altri elementi della fattispecie, potrebbe sussistere il reato di violenza sessuale, di cui all’articolo 609 bis del Codice Penale.

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