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Cyberbullismo: aspetti di base

Per affrontare il tema del cyberbullismo in tutti i suoi aspetti non basterebbe un manuale, ma iniziamo a vedere come lo definisce la legge: “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identita’, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonche’ la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o piu’ componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo” (articolo 2 legge 71/2017).

Detto in parole semplici, si ha cyberbullismo quando un soggetto minore che fa del male ad un altro minore attraverso mezzi telematici quali ad esempio i noti social network o gli strumenti di messaggistica, così da sottoporlo ad una spettacolarizzazione violenta potenzialmente globale che lo riguarda, ma certamente rilevante dal punto di vista delle conseguenze nella cerchia di conoscenze.

Gli attori del cyberbullismo sono tanti e tra questi troviamo sicuramente autori, vittime, genitori, insegnanti e figure educative e di riferimento in genere.

Per quanto riguarda le responsabilità, iniziamo col dire che ce ne sono essenzialmente di due tipi: una penale per cui è punibile solo il minore ultraquattordicenne autore di fatti che costituiscono reato e una civile che ammette richieste prevalentemente di tipo risarcitorio anche nei confronti, a determinate condizioni, dei genitori dell’autore e/o dell’amministrazione scolastica, oltre a richieste di oscuramento dei contenuti postati rivolte al gestore del sito internet dove il fatto è “accaduto” o ancora l’istanza di ammonimento rivolta al questore. Vittima può essere invece ogni soggetto minore degli anni diciotto.

Per quanto riguarda la scuola, essa ha un ruolo fondamentale sia per quanto riguarda la prevenzione, ma anche in fase successiva rispetto a fatti rilevanti, posto che il dirigente scolastico informa i genitori dell’autore del fatto e della vittima, attivando azioni di carattere (ri)educativo, ma anche eventualmente punitivo (ove i fatti costituiscano reato, saranno invece le autorità a procedere d’ufficio o a seguito proposizione di querela).

Per ora mi fermo qui, posto che le informazioni da fornire sarebbero moltissime.

Se avete considerazioni o domande specifiche, potete utilizzare la sezione contatti del sito.

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Chiara Mussi – Avvocato

Il Grooming: come si adesca un minore in rete

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

www.avvocatomussi.it     chiara@avvocatomussi.it

Il termine inglese “grooming” sta ad indicare l’adescamento dei minori attraverso l’uso delle nuove tecnologie quali internet ed in particolare i social network.

Si tratta di una forma di adescamento punita dal nostro codice penale, che all’articolo 609 undecies, rubricato “adescamento di minorenni”, punisce chi adesca un minore degli anni sedici, allo scopo di commettere alcuni reati tra cui la prostituzione minorile, la violenza sessuale ed altri gravi delitti. E’ lo stesso articolo di legge a definire l’adescamento quale “atto volto a  carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”.

Come bene si intuisce, dunque, si tratta di comportamenti posti volontariamente in essere dall’adulto adescatore per rendersi simpatico agli occhi del minore, così da carpirne la fiducia e creare un rapporto inizialmente virtuale e tendezialmente teso al contatto nella vita reale.

Forse a causa dell’accesso smodato alla rete da parte dei giovanissimi, il fenomeno del grooming è in costante crescita ed è proprio per questo che moltissimi esperti e professionisti dei settori coinvolti in questo fenomeno (avvocati, psicologi, ma anche insegnanti e non solo) svolgono una importante opera di sensibilizzazione volta anche e soprattutto ai genitori, affinchè guidino i propri figli adolescenti o poco più che bambini all’uso consapevole della rete, primo passo per tutelare la loro personalità in formazione.

Lo Studio Legale Mussi offre servizio di consulenza stragiudiziale ed assistenza giudiziale in materia.

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Facebook: breve guida all’uso consapevole

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

www.avvocatomussi.it     chiara@avvocatomussi.it

Tutti noi (o quasi) utilizziamo facebook per tenerci in contatto con gli amici, informarci, divertirci, magari anche lavorare. Ma sappiamo utilizzarlo davvero bene? E’ bene innanzitutto sapere quali sono i diritti della piattaforma rispetto ai contenuti ed alle informazioni pubblicati: entrambi restano di proprietà dell’utente che li posta, con la possibilità di impostare le modalità di condivisione e ciò è facilmente gestibile attraverso l’accesso alle Impostazioni Privacy ed alle Impostazioni delle Applicazioni, con possibilità di graduare la riservatezza del materiale caricato.

Molte le responsabilità civili e/o penali che potrebbero derivare da comportamenti illeciti legati al cattivo utilizzo del social network, sebbene in questa sede ci si limiti a ricodare che molti reati sono commissibili on line con azioni di intimidazione, fastidio, molestia: diffamazione, minaccia, stalking, addirittura violenza sessuale e molti altri. Di conseguenza dobbiamo prestare molta attenzione a cosa e come pubblichiamo e a come ci rapportiamo con gli altri utenti poichè la vita on line è un risvolto, ormai, di quella reale, con tutti i vantaggi e svantaggi connessi. Attenzione dunque, oltre a quanto già detto, a non infastidire altri utenti con accessi illegali e/o molesti, non pubblicare contenuti scritti, immagini, video a carattere minatorio, pornografico, violento.

Altro limite imposto da Facebook è quello della creazione di soli account personali che corrispondano alla nosta vera identità: il social network vieta infatti la creazione di profili contenenti informazioni personali false o ancora profili per conto di altri senza autorizzazione.

Per quanto rigaurda l’utilizzo commerciale / lavorativo di Facebook, è bene sapere che per tali scopi non è ammesso l’uso del profilo personale, dovendo al contrario creare apposite pagine, scegliendo una tra le diverse categorie previste.

A tutela non degli altri ma di se stessi, è bene inoltre ricordarsi sempre di non cedere i dati di accesso al proprio profilo.

E’ fatto inoltre divieto di accesso ed utilizzo della piattaforma da parte di soggetti di età inferiore ad anni 13.

Queste dunque alcune informazioni utili per l’utilizzo corretto e consapevole di Facebook.

Lo Studio Legale Mussi offre servizio di consulenza stragiudiziale ed assistenza giudiziale in materia. Per maggiori informazioni e contatti cliccate qui.

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Facebook e diffamazione

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

www.avvocatomussi.it     chiara@avvocatomussi.it

Ormai tutti (o quasi) per le più svariate ragioni utilizzano i social network e a primeggiare sembra essere ancora facebook. Se è vero che la rete è un luogo privilegiato per conoscere persone, condividere esperienze e, oggi più che mai, muovere il mercato del lavoro, è atrettanto vero che on line, così come nella vita reale, è possibile commettere (e quindi essere vittima di) reati. In particolare in questo contributo ci si vuole dedicare alla diffamazione, fattispecie prevista e punita dall’articolo 595 c.p. che descrive la condotta di chi, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione. Le pene sono peraltro più severe per chi reca l’offesa con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità. Ebbene, la giurisprudenza è concorde ed unanime nel sostenere che la diffamazione a mezzo facebook rientri nell’applicabilità della citata aggravante, con la conseguenza della possibilità di un aumento di pena per chi tiene una condotta diffamatoria utilizzando il citato social network e ciò sia che la frase a contenuto diffamatorio sia contenuta in un post, emerga nel corso di una conversazione, sia pubblicata sulla propria bacheca o altro. La sussistenza di quanto sostenuto deriva dal fatto che la diffusione di un messaggio attraverso lo strumento “facebook” ha la capacità potenziale di raggiungere un numero indeterminato di persone (Cass. Pen. Sez. I n. 24431 del 28.04.2015). Limite alla rilevanza penale dei contentuti postati resta sempre la libertà di manifestazione del proprio pensiero, garantita dall’art. 21 Cost.., che però non permette, come è evidente, di intaccare la reputazione di ciascuna persona.

Lo Studio Legale Mussi offre servizio di consulenza stragiudiziale ed assistenza giudiziale in materia. Per maggiori informazioni e contatti cliccate qui.

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