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Separazione tra coniugi e affidamento alternato della prole

In caso di separazione di coniugi con figli minori è ormai la regola l’affidamento condiviso, per cui i genitori esercitano congiuntamente la propria responsabilità. Se questo è vero in teoria, nella pratica quasi sempre si perde il confronto costruttivo sulle questioni relative a crescita, educazione e istruzione della prole, posto che è evidente come sia più facile che tali scelte siano espressione della prevalente volontà del genitore collacatario. Di conseguenza l’osannato diritto alla bigenitorialità, ossia il diritto del minore di godere della presenza e della cura di entrambi i genitori in egual misura e maniera, viene di fatto meno. Un modo innovativo, ma poco noto e messo in pratica nell’ordinamento italiano, è quello dell’affidamento alternato, in base al quale i figli trascorrono periodi prestabiliti alternativamente con l’uno e con l’altro genitore. Tale decisione va chiaramente soppesata nel caso concreto in base a molteplici fattori che abbiano come filo conduttore la tutela ed il benessere del minore. Tornando al contenuto concreto di tale tipologia di affido, si può dire che di fatto i minori in questo caso non saranno collocati presso un genitore preferenziale e previamente stabilito, ma alterneranno la propria presenza presso entrambi. Ciò comporta che i poteri inerenti alle scelte di vita quotidiana del minore saranno esercitati di volta in volta dal genitore presso cui il minore vive; la responsabilità resta al contrario in capo ad entrambi i genitori rispetto alle scelte di vita educative più importanti. È evidente che questa tipologia di affido, ove ritenuta opportuna, parifica di fatto la figura dei genitori, inducendoli a ritenersi ugualmente responsabili nei confronti del minore, in un’ ottica di collaborazione paritaria. Per quanto riguarda l’obbligo di mantenimento, tale forma di affidamento può prevederne il superamento, posto che le esigenze ordinarie della prole sono soddisfatte direttamente dal singolo genitore ed in egual misura per il tempo in cui il figlio dimora presso di lui. Resta ferma la divisione al 50% ciascuno ( o in altra misura) delle spese straordinarie.

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Gli ordini di protezione contro gli abusi famigliari

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

www.avvocatomussi.it     chiara@avvocatomussi.it

La violenza in famiglia si sviluppa in maniera troppo spesso silenziosa e lenta, così da diventare purtroppo parte intergante della vita di tante persone e spesso di bambini. Forse non in molti conoscono gli strumenti utili a contrastare questo odioso fenomeno. Accanto alle “classiche” denunce alle Forze dell’Ordine per fatti costituenti reato, vi è uno strumento di natura civilistica che, in maniera tendenzialmente snella sia come procedere che come tempistica, può dare sollievo alle vittime di abuso domestico. Si tratta della disciplina degli ordini di protezione contro gli abusi famigliari, di cui agli articoli  342 bis e 342 ter c.c. e 736 bis c.p.c..

Tale disciplina permette di richiedere determinate misure a tutela della vittime di abusi in famiglia, ove la condotta dell’abusante sia causa di un grave pregiudizio all’intergità fisica o morale o alla libertà del familiare convivente.

Scopo dell’istituto è dunque quello di permettere di combattere il triste e dilagante fenomeno della violenza famigliare. Peraltro la natura cautelare del provvedimento mira  a porre le condizioni per evitare il reiterarsi di condotte che possano causare pregiudizi irreparabili alla persona.

Ma quali sono i soggetti potenzialmente coinvolti? Si è parlato di “famiglia” che qui è vista nel senso più ampio del termine, come persone conviventi e unite da un progetto di vita (famigliare appunto) unitario. Dunque, a mero titolo esemplificativo, si può trattare di: coniugi, fratelli, conviventi (etero o omosessuali), compagno/a e figli del partner e così via.

Per quanto attinente le modalità di violenza, la normativa non opera restrizioni; può trattarsi di violenza fisica, verbale, psicologica, sottomissione economica, violenza contro gli oggetti, violenza assistita e quasiasi altra forma, purchè causa di grave pregiudizio per la vittima.

Affinchè si possa procedere è bene però sapere che non vi deve essere in corso un procedimento di separazione personale tra coniugi o divorzio.

Ma di fatto cosa stabilisce il Giudice adito? Il Giudice emette un provvedimento che ha alcuni contenuti necessari ed altri eventuali. Tra i primi abbiamo l’ordine di cessazione della condotta pregiudizievole e la disposizione dell’allontanamento dell’abusante dalla casa famigliare. Sono invece eventuali il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi frequentati dalla vittima, la richiesta di intervento di assistenti sociali e centri di mediazione famigliare per il sostegno alle vittime nonchè l’obbligo di pagamento di un assegno periodico a favore dei famigliari se, per l’effetto dell’allontamento dell’abusante, essi rimarrebbero privi degli adeguati mezzi economici. Qualora peraltro non venissero rispettati ed adempiuti gli obblighi impartiti, il giudice che ha emesso l’ordine di protezione potrebbe emettere i provvedimenti utili all’attuazione, con eventuale richiesta di intervento in ausilio della forza pubblica. Peraltro l’inosservanza degli obblighi impartiti interga il reato di cui all’art. 388 c.p., reato perseguibile a querela di parte, per cui è bene per la vittima che volesse denunciare procedere entro tre mesi dall’inosservaza del provvedimento da parte dell’obbligato.

In tema di durata del provvedimento, va ricordato che questa non può superare i sei mase, trattandosi di materia cautelare. Vi è la possibilità di richiedere però una proroga ove sussistessero gravi motivi.

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Minori: la violenza assistita

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

www.avvocatomussi.it     chiara@avvocatomussi.it

Le violenze in famiglia sono qualcosa di gravissimo e soprattutto sordo, poichè difficile è individuare, quantificare, riconoscere, intervenire. E spesso di questa violenza fisica, verbale, psicologica, cadono vittime i minori. Magari non direttamente; spesso i più piccoli assistono inermi alle liti tra i genitori: botte, insulti, minacce… In gergo giuridico questa condizione è ciò che viene definito “violenza assistita”: una forma di violenza domestica che si realizza allorquando il minore si trova costretto ad assistere ad atti violenti (di varia natura) tra le mura domestiche tra soggetti della famiglia in senso stretto o comunque tra soggetti legati a lui da uno stretto voncolo affettivo.

La sofferenza che deriva in capo ai minori che subiscono tale tipologia di violenza è, inutile dirlo, immensa e spesso porta strascichi pesanti lungo tutto il corso della vita del minore in formazione; proprio per questo è bene intervenire non appena si intravedano situazioni familiari con problematiche di questo tipo in essere. E l’attenzione non va solo alle Forze dell’Ordine, che non hanno chiaramente un contatto diretto con la realtà quotidiana di ogni famiglia, bensì a chi è più vicino a questi soggetti: parenti, amici, vicini di casa, insegnanti… Chiunque può informare le Forze dell’Ordine di episodi di violenza a cui abbia assistito in prima persona o di cui abbia conoscenza diretta o indiretta o anche qualora se ne abbia il mero sospetto, poichè la tutela del minore richiede sempre e comunque una grande attenzione ed un intervento, ove necessario, particolarmente sollecito e multidisciplinare.

Peraltro non solo condotte attive possono intergare gravi reati, ma anche omissioni; si fa riferimento in particolare all’art. 572 c.p., ossia il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi, che punisce anche l’indifferenza e la trascuratezza verso i bisogni affettivi dei familiari, quale grave condotta maltrattante. E se a subire queste mancanze sono anche i figli, ulteriore richiamo va all’art. 147 c.c., che impone in capo ai genitori l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, norma dotata di copertura costituzionale, prevedendo l’art. 30 Cost. il dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli.

Lo Studio Legale Mussi offre servizio di consulenza stragiudiziale ed assistenza giudiziale in materia, affiancando le vittime del reato con l’ausilio di esperti in materia psicologica e psicoterapica ed attuandosi, ove opportuno, nella richiesta di misure a tutela della famiglia e dei minori.  Per maggiori informazioni e contatti cliccate qui.

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