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Minori: la violenza assistita

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

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Le violenze in famiglia sono qualcosa di gravissimo e soprattutto sordo, poichè difficile è individuare, quantificare, riconoscere, intervenire. E spesso di questa violenza fisica, verbale, psicologica, cadono vittime i minori. Magari non direttamente; spesso i più piccoli assistono inermi alle liti tra i genitori: botte, insulti, minacce… In gergo giuridico questa condizione è ciò che viene definito “violenza assistita”: una forma di violenza domestica che si realizza allorquando il minore si trova costretto ad assistere ad atti violenti (di varia natura) tra le mura domestiche tra soggetti della famiglia in senso stretto o comunque tra soggetti legati a lui da uno stretto voncolo affettivo.

La sofferenza che deriva in capo ai minori che subiscono tale tipologia di violenza è, inutile dirlo, immensa e spesso porta strascichi pesanti lungo tutto il corso della vita del minore in formazione; proprio per questo è bene intervenire non appena si intravedano situazioni familiari con problematiche di questo tipo in essere. E l’attenzione non va solo alle Forze dell’Ordine, che non hanno chiaramente un contatto diretto con la realtà quotidiana di ogni famiglia, bensì a chi è più vicino a questi soggetti: parenti, amici, vicini di casa, insegnanti… Chiunque può informare le Forze dell’Ordine di episodi di violenza a cui abbia assistito in prima persona o di cui abbia conoscenza diretta o indiretta o anche qualora se ne abbia il mero sospetto, poichè la tutela del minore richiede sempre e comunque una grande attenzione ed un intervento, ove necessario, particolarmente sollecito e multidisciplinare.

Peraltro non solo condotte attive possono intergare gravi reati, ma anche omissioni; si fa riferimento in particolare all’art. 572 c.p., ossia il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi, che punisce anche l’indifferenza e la trascuratezza verso i bisogni affettivi dei familiari, quale grave condotta maltrattante. E se a subire queste mancanze sono anche i figli, ulteriore richiamo va all’art. 147 c.c., che impone in capo ai genitori l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, norma dotata di copertura costituzionale, prevedendo l’art. 30 Cost. il dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli.

Lo Studio Legale Mussi offre servizio di consulenza stragiudiziale ed assistenza giudiziale in materia, affiancando le vittime del reato con l’ausilio di esperti in materia psicologica e psicoterapica ed attuandosi, ove opportuno, nella richiesta di misure a tutela della famiglia e dei minori.  Per maggiori informazioni e contatti cliccate qui.

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Il furto per fame

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

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L’articolo 624 del Codice Penale punisce il furto quale impossessamento della cosa mobile altui attraverso la sottrazione a chi la detiene e ciò al fine di trarne profitto per sè o per altri.

Ma cosa accade se il furto è necessitato e determinato da bisogni primari, quali la fame? Secondo la Corte di Cassazione, il “furto per fame” non interga reato, sempre che la situazione di indigenza sia effettivamente di particolare gravità e la sottrazione sia relativa a merce di modesto valore e, chiaramente, deve essere costitutita da generi alimentari di prima necessità, utili dunque a soddifare la primaria esigenza vitale legata all’alimentazione (Cass. Pen. Sez. V n. 18248 del 02.05.2016.

Quale “appiglio legale” rende dunque non punibile una condotta quale quella sin qui descritta? Si tratta della causa di giustificazione dello stato di necessità, disciplinata dall’art. 54 c.p., per la quale non è punibile chi ha commesso un fatto astrattamente riconducibile ad una fatispecie di reato se lo fa per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sè o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, nè altrimenti evitabile, sempre he il fatto sia proporzionato al pericolo.

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