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Rapina: l’aggravante dell’uso delle armi

Nel disciplinare il delitto di rapina, l’articolo 628 del Codice Penale prevede quale aggravante l’uso delle armi, con il conseguente aumento di pena se la violenza o la minaccia è commessa, appunto, con armi.

Ma quando un’arma può definirsi tale? Non è un quesito così scontato e infatti spesso nei Tribunali ci si trova a ragionare su questo tema.

La Corte di Cassazione è giunta, a riguardo, alla conclusione per cui perchè l’aggravante dell’uso delle armi in tema di delitto di rapina sussista, non è necessario che l’autore del reato abbia fatto uso di un’arma vera e propria, destinata cioè ad offendere come è suo uso, dando infatti la giurisprudenza rilievo all’effetto intimidatorio che l’arma ha sulla persona offesa, a prescindere dal fatto che essa sia vera oppure no (si vedano, ad esempio, i numerosi casi di utilizzo di armi giocattolo).

In conclusione: ove sia utilizzata un’arma che di fatto tale non è, se però essa ha avuto un effetto intimidatorio sulla vittima, allora la rapina può dirsi aggravata dall’uso delle armi.

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Rapina in abitazione

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

www.avvocatomussi.it     chiara@avvocatomussi.it

La propria abitazione dovrebbe essere il luogo per eccellenza di serenità, tranquillità, sicurezza; ma spesso così non è e la cronaca ce lo ricorda quotidinamente. Per questo motivo abbiamo deciso di dedicare un breve approfondimento alla rapina aggravata poichè eseguita mediante l’introduzione in luogo destinato a privata dimora, la cui discpiplina di riferimento può essere individuata agli articoli 628 e 624 bis del Codice Penale.

La giurisprudenza in materia ha avuto modo di puntualizzare recentemente che, ai fini della sussistenza del reato in esame, non rilevano le modalità di introduzione nell’abitazione, come nemmeno i rapporti tra vittima, autore del reato e luogo dei fatti, sempre che siano presenti tutti gli elementi richiesti ai fini della configurabilità della fattispecie. Punto fermo è infatti la tutela rafforzata di ogni luogo di privata dimora, coincidente o meno con il luogo di residenza della vittima.

Il reato può addirittura dirsi sussistente anche laddove venga commesso da soggetto inizialmente autorizzato dal titolare dei luoghi all’ingresso nei medesimi, non putendo tale presupposto fattuale (coincidente con un atteggiamento soggettivo della futura vittima) far venir meno l’eventuale responsabilità per fatti accaduti in seguito, anche dopo un brevissimo lasso temporale (Cass. Pen. Sez. II n. 2115/2016). Infatti, ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 628 comma 3 n. 3 bis c.p., è sufficiente che la rapina sia commessa in uno dei luoghi previsti dall’art. 624 bis c.p. (Cass. Pe. Sez. II n. 48584 del 14.12.2011).

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