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Furto lieve per bisogno

Un grave stato di indigenza può portare alla disperazione e questa, a sua volta, può indurre a commettere dei piccoli furti, quelli che la legge chiama “furti per bisogno”.

Ma quando un furto può essere definito tale? Non solo la cosa sottratta deve essere di tenue valore, dovendo altresì essere diretta a soddisfare un grave ed urgente bisogno, che non necessariamente deve avere natura alimentare, ben potendo consistere in beni di altra natura e categorizzazione. Occorre altresì una particolare condizione soggettiva del soggetto agente, ossia uno stato di grave e non dilazionabile bisogno, stato che non può che eliminarsi se non appropriandosi della cosa altrui.

Peraltro lo stato grave di bisogno può essere sia proprio che altrui: pensiamo al banale esempio di una madre che sottrae del latte per il figlio o una coperta per ripararlo dal freddo invernale. Condizione fondamentale resta quella per cui non soddisfacendo il bisogno tramite la sottrazione della cosa si determinerebbe un danno o un pericolo in capo ad un soggetto.

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Furto al supermercato e destrezza

I furti al supermercato sappiamo bene che sono all’ordine del giorno; e lo sono anche nei tribunali, tanto che spesso ci si interroga su questioni ad essi inerenti.

In particolare si discute spesso dell’aggravante della destrezza, prevista dall’art. 625 n. 4 del Codice Penale.

La Corte di Cassazione ha recentemente affrontato il tema, stabilendo che non sussisterebbe l’aggravante della destrezza ex art. 625 n. 4 c.p. nell’ipotesi di furto tentato al supermercato tramite occultamento della merce, posto che per la configurazione della predetta aggravante è necessario non solo l’uso di una particolare abilità, dovendo altresì la modalità della condotta concretizzarsi in un quid pluris rispetto alle consuete modalità di concretizzazione del fatto di reato (Cass. Pen. Sez. V n. 40262/16). E dunque il mero impossessamento della res incustodita non farebbe scattare l’aggravante, riscontrabile invece nelle ipotesi di commissione del fatto in condizioni di minorata difesa. E’ perciò richiesta la prova dell’approfittamento da parte dell’agente di una condizione favorevole in rapporto allo stato contingente, come ad esempio l’avere la vittima distolto per un breve lasso di tempo la vigilanza sul bene oggetto del reato.

Si può dunque concludere per l’esclusione dell’aggravante ex art. 625 n. 4 c.p. nell’ipotesi di furto al supermercato tramite occultamento della merce.

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Furto al supermercato: consumazione o tentativo?

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

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Sottrarre beni al supermercato configura, chiaramente, il reato di furto. Spesso però ci si interroga sulla consumazione del reato o, al contrario, la sua qualificazione nella forma del tentativo, differenza di non poco conto al fine della quantificazione della pena, poichè l’art. 56 c.p. prevede che all’autore del delitto tentato sia irrogata una pena diminuita da un terzo a due terzi rispetto a quella stabilita per il reato consumato. In tema di configurabilità del tentativo nell’ipotesi di furto al supermercato avvenuto sotto la diretta osservazione dell’autore del fatto (direttamente o mediante apposite apparecchiature), con sentenza n. 52117 del 17.07.2014, La Suprema Corte a Sezione Unite ha stabilito che ove il tempestivo intervento dei soggetti a ciò preposti impedisca di fatto la consumazione del reato, esso vada inquadrato nella forma del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità dei beni sottratti, non essendo gli stessi ancora usciti dalla sfera di vigilanza e controllo del soggetto passivo del reato. Resta ferma l’applicabilità dell’aggravante di cui all’art. 625 comma 1 n. 7, relativo alla commissione del fatto su cose esposte alla pubblica fede.

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Furto in auto

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

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La Cassazione con sentenza n. 30358/2016 ha ribadito che il furto di oggetti in auto è aggravato solo in alcuni casi per l’esposizione alla pubblica fede ex art. 625 comma 1 n. 7 c.p., alla luce del quale se il fatto è commesso su cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, la pena prevista per il furto è superiore di quella prevista per la fattispecie base di cui all’art. 624 c.p.. L’aggravante infatti rileva laddove si tratti di oggetti costituenti parte integrante del veicolo o destinati in modo durevole al servizio o all’ornamento dello stesso. Si ritorna all’operatività della fattispecie non circostanziata, di cui all’art. 624 c.p., ove si tratti di oggetti che solo occasionalmente si trovano all’interno dell’auto, poichè non costituenti il normale corredo della stessa o perchè lasciati per ragioni contingenti o per dimenticanza. La differenza tra reato non circostanziato di cui all’art. 624 c.p. e la fattispecie di cui al successivo art. 625 c.p. è particolarmente rilevante soprattutto in tema di procedibilità, poichè la fattispecie aggravata è procedibile d’ufficio, mentre quella base soltanto a querela di parte e dunque, ove si fosse vittime di un furto, sarà bene in quest’ultimo caso, sporgere la querela nei limiti di legge al fine di non incorrere nell’improcedibilità dell’azione penale.

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Il furto per fame

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

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L’articolo 624 del Codice Penale punisce il furto quale impossessamento della cosa mobile altui attraverso la sottrazione a chi la detiene e ciò al fine di trarne profitto per sè o per altri.

Ma cosa accade se il furto è necessitato e determinato da bisogni primari, quali la fame? Secondo la Corte di Cassazione, il “furto per fame” non interga reato, sempre che la situazione di indigenza sia effettivamente di particolare gravità e la sottrazione sia relativa a merce di modesto valore e, chiaramente, deve essere costitutita da generi alimentari di prima necessità, utili dunque a soddifare la primaria esigenza vitale legata all’alimentazione (Cass. Pen. Sez. V n. 18248 del 02.05.2016.

Quale “appiglio legale” rende dunque non punibile una condotta quale quella sin qui descritta? Si tratta della causa di giustificazione dello stato di necessità, disciplinata dall’art. 54 c.p., per la quale non è punibile chi ha commesso un fatto astrattamente riconducibile ad una fatispecie di reato se lo fa per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sè o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, nè altrimenti evitabile, sempre he il fatto sia proporzionato al pericolo.

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