Separazione e criterio della maternal preference

Storicamente la nostra è una società in cui alla madre è sempre stato demandato il compito di accudire la case ed i figli e all’uomo di fornire la sussistenza economica alla famiglia attraverso il proprio lavoro svolto al di fuori delle mura domestiche. Da tempo ormai questa tradizione è in fase di cambiamento. Un cambiamento sicuramente pratico, posto che nella gran parte delle famiglie si lavora in due, con divisione anche del lavoro domestico, anche se meno evidente dal punto di vista ideologico. Un esempio lo ritroviamo nelle aule di giustizia, quando si va a valutare quale debba essere il genitore collocatario dei figli minori.

In maniera purtroppo spesso quasi automatica, si conclude per il collocamento presso la madre, quasi a dare per scontato che sia la scelta migliore, lasciando quella per il padre una scelta residuale, un’eccezione che come tale interviene solo in casi rari.

E’ in corso una battaglia culturale con cui si vuole ottenere l’uguaglianza dei genitori ai fini della valutazione del genitore collocatario, per scardinarci finalmente dal mero criterio della maternal preference, ossia dal preconcetto per cui la madre sarebbe comunque il genitore preferenziale presso cui disporre il collocamento dei figli minori.

Ove infatti i genitori appaiano entrambi dotati di buona capacità genitoriale, è evidente come sia corretto tenere in considerazione criteri diversi che portino alla decisione migliore, ossia quella che rispetti l’interesse morale e materiale dei minori. Sì, perché l’unico faro che deve guidare avvocati e giudici nella scelta non può che essere (e ce lo dice la legge, ma anche il senso comune), il benessere del minore legato alla scelta che si va a fare.

E quindi andranno ad esempio presi in considerazione criteri quali il tempo che ciascun genitore potrebbe passare con i figli, e dunque anche orari e tipologia di lavoro svolto in rapporto alle necessità scolastiche ed extrascolastiche dei figli, il contesto di vita abitativo e sociale o la capacità educativa ed affettiva, per citarne solo alcuni.

Criterio primario di scelta deve quindi essere il superiore interesse morale e materiale del figlio, al di di ogni pregiudizio ideologico e culturale, posto che non è il genere il criterio dirimente, ma sono una serie di ulteriori elementi che vanno ben soppesati e valutati, specie alla luce di una struttura socio – famigliare che è evidentemente differente dal passato, che vede una parità di ruoli all’interno della famiglia tra padre e madre, tale da rendere il ruolo genitoriale di entrambi certamente diverso rispetto a quello che era un tempo.

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