Archivi tag: penale

Violenza assistita: quando i minori percepiscono la commissione di un reato

Accade troppo spesso che i minori assistono ad atti violenti o comunque costituenti reato; si parla allora di “violenza assistita” quando un minore si trova costretto, suo malgrado, ad assistere alla commissione di un reato nei confronti di un altro soggetto o comunque ne percepisca la commissione.

Il fatto stesso che il minore percepisca la commissione del reato, rende infatti  la condotta criminosa più grave e dunque punita più gravemente: pensiamo a tutti i casi di violenza domestica a cui sono costretti ad assistere giorno dopo giorno piccoli indifesi. Proprio per questo la legge ha, tra gli altri strumenti, previsto la cosiddetta violenza assistita quale aggravante di una lunga serie di reati (cfr. art. 61 n. 11 quinquies del codice penale).

Ma la giurisprudenza ha sostenuto qualcosa di più: se il minore percepisce il reato, non solo lo stesso è aggravato, ma addirittura ne diventa vittima primaria anche il minore e dunque lo stesso, quale danneggiato dal reato, potrà costituirsi parte civile nel processo penale.

Per inciso, si vuole ricordare che atti di violenza non sono considerati solo quelli fisici, bensì anche quelli di natura psicologica o di altro genere: sudditanza economica,  continua umiliazione, vessazioni ed altri innumerevoli condotte riconducibili nell’alveo degli atti violenti.

Lo Studio Legale Mussi offre servizio di consulenza stragiudiziale ed assistenza giudiziale in materia.

Per maggiori informazioni e contatti cliccate qui.

Per il servizio di consulenza on line cliccate qui.

Infortuni sul lavoro: la (cor)responsabilità del lavoratore

In materia di infortuni sul lavoro si tende spesso a incolpare con facilità i datori di lavoro che, sebbene titolari di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori, non sempre possono o devono essere ritenuti completamente responsabili degli infortuni accorsi sul luogo di lavoro.

Gioca un ruolo fondamentale l’eventuale comportamento abnorme del lavoratore.

L’attuale sistema in materia antinfortunistica viene infatti definito “collaborativo”, per evidenziare la ripartizione di obblighi tra più soggetti, tra cui anche gli stessi lavoratori accanto ai datori di lavoro.

Si parla allora di comportamento “esorbitante” in riferimento a quelle condotte che fuoriescono dall’ambito delle mansioni, ordini e disposizioni impartiti dal datore di lavoro nell’ambito del contesto lavorativo. Si definisce poi “abnorme” la condotta imprevedibile posta in essere dal lavoratore al di fuori del contesto lavorativo e che nulla ha a che vedere con l’attività che gli compete.

La normativa impone ai lavoratori di agire con diligenza, prudenza e perizia nello svolgimento delle proprie attività, osservando le imposte regole cautelari.

Nelle ipotesi di infortunio sul lavoro, la giurisprudenza tende sempre con maggior frequenza a seguire ed applicare il cosiddetto “principio di autoresponsabilità del lavoratore” e dunque il datore di lavoro smette in buona sostanza di avere un obbligo di vigilanza assoluta sul lavoratore, ma al contrario, una volta forniti tutti i mezzi necessari alla prevenzione dagli infortuni sul lavoro, egli non sarà più tenuto a rispondere dall’evento lesivo se derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore.

Certo è che, pur a fronte di un comportamento imprudente del lavoratore, in assenza di adeguata e puntuale adozione dei mezzi di prevenzione da parte del datore di lavoro, quest’ultimo rimarrebbe responsabile (o corresponsabile) dell’evento.

Quelli richiamati sono chiaramente principi generali, restando evidente che ogni caso concreto va valutato nella sua peculiarità.

Lo Studio Legale Mussi offre servizio di consulenza stragiudiziale ed assistenza giudiziale in materia.

Per maggiori informazioni e contatti cliccate qui.

Per il servizio di consulenza on line cliccate qui.

Il Grooming: come si adesca un minore in rete

A cura dell’Avvocato Chiara Mussi

www.avvocatomussi.it     chiara@avvocatomussi.it

Il termine inglese “grooming” sta ad indicare l’adescamento dei minori attraverso l’uso delle nuove tecnologie quali internet ed in particolare i social network.

Si tratta di una forma di adescamento punita dal nostro codice penale, che all’articolo 609 undecies, rubricato “adescamento di minorenni”, punisce chi adesca un minore degli anni sedici, allo scopo di commettere alcuni reati tra cui la prostituzione minorile, la violenza sessuale ed altri gravi delitti. E’ lo stesso articolo di legge a definire l’adescamento quale “atto volto a  carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”.

Come bene si intuisce, dunque, si tratta di comportamenti posti volontariamente in essere dall’adulto adescatore per rendersi simpatico agli occhi del minore, così da carpirne la fiducia e creare un rapporto inizialmente virtuale e tendezialmente teso al contatto nella vita reale.

Forse a causa dell’accesso smodato alla rete da parte dei giovanissimi, il fenomeno del grooming è in costante crescita ed è proprio per questo che moltissimi esperti e professionisti dei settori coinvolti in questo fenomeno (avvocati, psicologi, ma anche insegnanti e non solo) svolgono una importante opera di sensibilizzazione volta anche e soprattutto ai genitori, affinchè guidino i propri figli adolescenti o poco più che bambini all’uso consapevole della rete, primo passo per tutelare la loro personalità in formazione.

Lo Studio Legale Mussi offre servizio di consulenza stragiudiziale ed assistenza giudiziale in materia.

Per maggiori informazioni e contatti cliccate qui.

Per il servizio di consulenza on line cliccate qui.