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Violenza assistita: bambini vittime involontarie

Si definisce violenza assistita quel particolare tipo di violenza soprattutto di natura psicologica subita dai bambini costretti ad assistere ad episodi di violenza fisica o psicologica all’interno del contesto famigliare. Bambini e adolescenti sono troppo spesso costretti ad essere spettatori involontari dei più svariati generi di violenza perpetrata tra genitori o altre figure di riferimento affettivo, con gravi e spesso irreparabili conseguenze sulla psiche e dunque sulla crescita psico – fisica.

Posta la gravità della situazione ed il numero elevatissimo dei casi, le pena per chi compie reati in ambito famigliare alla presenza di minori sono aumentate in virtù dell’aggravante prevista dall’art. 61 n. 11 quinquies del codice penale ed i minori sono considerate a tutti gli effetti persone offese dal reato, con tutte le conseguenze processuali e non solo che ne derivano quale, tra le altre, la facoltà di costituirsi parte civile nel processo penale a carico dell’autore della violenza primaria.

Resta comunque il problema di scoprire tali situazioni ed intervenire in maniera da tutelare i minori, ma come ben sappiamo quello sociale è l’aspetto più difficile da gestire, molto più di quello normativo – giuridico.

Per quanto riguarda i casi di violenza tra coniugi in fase di separazione, è bene ricordare che l’accertata condotta violenta di un genitore in ambito famigliare può essere causa di esclusione del regime ordinario di affidamento congiunto, determinando così la possibilità per il giudice civile di adottare il regime dell’affidamento esclusivo. La motivazione è evidente: il principio di bigenitorialità incontra un limite nell’atteggiamento violento e penalmente rilevante di un genitore verso l’altro.

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Vittime di violenza: un cortometraggio che tocca il cuore

Chiunque può essere vittima di violenza: una donna che viene picchiata dal compagno, un papà a cui sono negati i figli, un bambino che è costretto ad ascoltare le liti dei genitori, una dipendente che per non perdere il lavoro si sottomette al datore di lavoro…

Le forme di violenza sono infinite e altrettanti possono esserne i destinatari.

E’ difficile chiedere aiuto, si teme di non essere capiti, di essere giudicati, di sentirsi dire di sopportare, che passerà, che si stanno ingigantendo le cose.

 E ancora peggio sono i casi in cui la violenza diventa parte della propria vita e non la si denuncia perchè diventa normale.

Il cortometraggio “piccole cose di valore non quantificabile” ci porta a pensare a tutto questo: da qualunque parte stiamo o potremmo essere, è lo specchio di una realtà che ci circonda ma che forse troppo spesso non vogliamo o ci fa comodo non vedere.

Buona visione.

Sospensione condizionale della pena e risarcimento del danno

Condanna penale e ora che si fa, si va in carcere? Non sempre (anzi quasi mai) e comunque certamente no se si è nelle condizioni di poter beneficiare della sospensione condizionale della pena, prevista e disciplinata dall’articolo 163 del codice penale, beneficio in base al quale il giudice può ordinare la sospensione dell’esecuzione della pena per cinque anni se si tratta di delitto e due anni se si tratta di una contravvenzione.

In alcuni casi il giudice può subordinare la concessione del beneficio all’adempimento di determinati obblighi, come il pagamento di somme di denaro a favore delle parti civili, quale risarcimento danni.

Attenzione però: se il pagamento non dovesse avvenire nei termini stabiliti, il giudice potrebbe richiedere la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, dando così avvio all’iter di esecuzione della medesima.

Una domanda sorge allora spontanea: è possibile contrastare la richiesta di revoca? Sì, ove però venga fornita al giudice dell’esecuzione la prova di trovarsi nell’impossibilità economica di far fronte all’obbligo di pagamento.

Tale tesi è sostenuta da un consolidato orientamento giurisprudenziale che stabilisce quanto segue: “in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento dei danni, l’assoluta impossibilità ad adempiere, accertata dal giudice dell’esecuzione, impedisce la revoca del beneficio” (Cass. Pen. Sez. I n. 43905/2003).

Da quanto detto, emerge che lo stato di indigenza non arbitrariamente procurato dall’obbligato o comunque oggettivo può dunque rilevare ai fini della decisione del giudice dell’esecuzione di non revocare il beneficio in precedenza concesso dal giudice di merito.

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